LA CERAMICA DI VIETRI (Salerno)

Vietri è considerato uno dei centri di produzione ceramica artistica e tradizionale per i quali una recente legge nazionale prevede la creazione di un proprio marchio che ne tuteli la produzione e l'immagine.
Nel Medioevo tutta l'area salernitana, anche grazie alle cave di argilla presenti in loco era interessata all'attività della ceramica, sia nella forme invetriate che stannifere. Il commercio marittimo era assicurato dagli approdi di Salerno e di Vietri. Per quanto attiene il territorio vietrese in particolare, sin dalla metà del Duecento compare il toponimo a la Greta (o Creta) - ad indicare un costone sovrastante il fiume Bonea tra il Capoluogo e Marina - esplicito testimonianza della presenza e utilizzo della materia prima.
Il primo documento d'archivio finora esplorato che apre la serie ininterrotta delle testimonianze sull'attività ceramica a Vietri è quello del 1472 concernente la vendita fatta da Oliviero Carmelengo di Cava a Benedetto e Cipriano Cafaro di mille contenitori per olio.
Verso la metà del Cinquecento si afferma il pittore Mazzeo di Stasio nella produzione di corredi per farmacia (arbari, jarruni, pignole, fescinas, maruffi e pavimenti (quatrelli) dipinti a più colori, con prevalenza dell'azzurro e con lo stile a penna di pavone.eseguiti per committenza napoletana, calabrese, siciliana.
Sempre all'inizio del Seicento è attestata in Vietri una qualificata presenza di operatori ceramici di Castelli d'Abruzzo.
Tra i prodotti di ricercata fattura della seconda metà dello stesso secolo si registrano le acquasantiere, le saliere a torretta o saliere cerimoniose, i piatti di faienza a modo d'argento.
La produzione della mattonelle nei secoli XVI-XVII è limitata a singole commissioni.
Nella seconda metà dell'Ottocento la ceramica vietrese si imporrà all'attenzione dei mercati per la produzione dei pavimenti decorati con prevalenti usi nell'edilizia civile.
Il nostro secolo, negli anni '20 e '30, è caratterizzato da una fase che viene denominata comunemente "periodo tedesco", grazie all'arrivo di un gruppo di olandesi e tedeschi, che operarono, altresì una più vasta gamma produttiva con un ampliamento del mercato.
Con Irene Kowaliska lo spirito arcadico della locale produzione trova una suo precisazione spaziale: compaiono figure e scene tratte dalla vita dei posto.
Il tedesco Riccardo Dolker rinnova il cromatismo tradizionale rompendone la luminosità con il nero notturno e misterioso dei loro fondali, sui quali si stagliano scene narranti, veri e propri racconti di vita quotidiana, religiosa, mitologica. Ma lo strumento espressivo è sempre lo stesso: colori accostati per contrasto, senza passaggi d'ombra, senza sfumature.
Emulando questo movimento sono emerse, poi, le figure di artisti vietresi quali Giovannino Carrano, il più versatile pittore ceramico vietrese di questo secolo, i fratelli Procida, i fratelli Solimene, Andrea D'Arienzo e soprattutto Guido Gambone.
Dal dopoguerra superata questa fase il prodotto "Vietri" ripreso si è riproposto sui mercati nazionali ed internazionali di nuovo per i pavimenti e ancora l'oggettistica ed il souvenir legato quest'ultimo al movimento turistico che anche per altri versi interessa la cittadina.